venerdì 5 ottobre 2007

LA SABBIA NEGLI OCCHI

Talvolta un disco può portarti con la mente altrove e il qui e l'adesso se ne vanno a troie. Le fredde mattine nel deserto portano la musica dei Tinariwen nell'aria e dove l'acqua è vita più che in ogni altro posto, i touareg lo sanno bene e sanno apprezzare ogni piccola cosa che i mari di sabbia concedono.

Tinariwen è il plurale in lingua berbera del francese touareg e Aman Iman vuol dire "acqua di vita" o "acqua E vita", insomma qualche cosa del genere... mica parlo berbero io.

Il disco è abbastanza pettinato, tranne forse quando si mettono a urlare AHALALALALALALALALALALLAAAA!!!"... ma musicalmente ci stanno e ci sanno fare: mescolano ritmi un po' arabi e un po' africani, chitarre blues alla vecchia maniera (cioè il blues dei padri fondatori tipo Otis Redding, Muddy Waters, Elmore James, Fats Domino). Come i negri del Sudan, deportati nelle colonie e usati come schiavi cantano il dolore e la sofferenza del popolo africano e la durezza della vita della gente del deserto (il Sudan è uno dei posti in cui il blues ha piantato le radici e si sono poi ramificate nel resto del mondo, ma si parla di un centinaio di anni fa, come minimo. Infatti se i primi esempi di blues si sono avuti tra la fine dell'800 e i primi del novecento nei campi di cotone americani, i sudanesi cantavano già da qualche decina di anni, quando andavano a lavorare nella LORO terra)

Per questo il blues (in questo caso "del deserto") mi piace: unisce tradizioni millenarie dei popoli africani, con la sofferenza provata nell'ultimo secolo e con la capacità di fare grande musica da semplici note e parole e saper appropriarsi di una certa identità musicale nonostante le tonnellate di merdosa fuffa di cui fa parte il 90% del panorama musicale moderno. Un vero peccato averli scoperti così tardi, loro che suonano dal 1979... però meglio tardi che mai dice un amico. E forse è vero.

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