mercoledì 21 giugno 2006

C.O.T.L.O.D. (Curse Of The Legions Of Death)

Lui afferma che i TestAmenT sono alcuni dei padri fondatori del movimento thrash della Bay Area della metà degli anni '80. Anche se non conto un cazzo, lo dico pure io!

Stanotte devo lavorare ma non è molto impegnativo, quindi mi permetto di buttare giù due righe su una band che ho da pochissimo riscoperto grazie alla sistemazione dei dischi in casa: praticamente il ciddì The Legacy mi è caduto in terra frantumandosi in mille pezzi, restando intero solo il dischetto di plasticaccia che, prontamente, per non farlo finire come la custodia, lo riparo nel lettore e già che ci sono (perché no?) schiaccio pure play...

e...


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MERDA che discone!! Me l'ero completamente dimenticato alla grandissima! Cioè proprio cancellato dalla mente, un bel format ettor1: e tuttok.

Over The Wall è impressionante anche a distanza di 20 anni, il disco è del 1986/87 (registrato alla fine dell'86 e pubblicato a inizio '87): la ritmica è forsennata, gli accordi vicinissimi e la batteria al cardiopalmo; certo correvano gli anni 198equalcosa quindi non si era, ovviamente, ai livelli stilistici della musica metal cui siamo abituati oggi; ma un solo di chitarra come quello di Alex Skolnik in questo pezzo non si sente spesso ai giorni nostri: veloce da mozzare il fiato, melodico da farlo urlare cantato a squarciagola e breve come dev'essere, sennò straccia i coglioni. Ascolto estasiato ricordando -lacrimuccia- come da ragazzino, un pre-adolescente straccione e capellone, mi sbattevo mentre il disco girava incessantemente nel mio "stereo" (era il 1989 e non capivo un cazzo di "quella-roba-là").

The Haunting è anche lei una bella canzone ma nientedeché quando si arriva dalla precedente, ha una buona sezione ritmica spezzata da stop-and-go che all'epoca non venivano usati tantissimo e che hanno fatto molto scuola nel thrash (grazie Eric Peterson, sui tuoi accordoni ho imparato i primi rudimenti di chitarra ritmica thrash!), ha una buona sezione vocale e il solito Skolnik che ci dà un paio di lezioni su Come-Si-Suonava-Metal-Venti-Anni-Fa.

Burnt Offerings ha quella melodia vocale intrigante e incalzante allo stesso tempo, Chuck Billy su questo disco è davvero notevole, anche se poi ovviamente si è perfezionato e anni più avanti si farà apprezzare maggiormente come tecnica di canto più che come potenza ed energia di esecuzione. Come ci si può immaginare, il pezzo termina dopo un pazzesco solo del nostro solito fenomeno e dopo un ultimo rabbioso monito del gigantesco pellerossa.

Raging Waters è un altro gran bel pezzo, con un intro in crescendo che si trasforma in una dose massiccia di riffoni spaccaossa che però poi si ripetono troppo. Dotato di grandiose parti vocali veloci, l'indiano ringhia e freme, spezza la ritmica continua e fissa sul solito giro, un po' monotona forse (forse senza forse, ah già l'ho già scritto...) ma precisa e potente. Il ritornello finale molto orecchiabile nonostante la cacofonia thrash sullo sfondo, rende il finale perfetto, senza fronzoli, immediato: lo stop è repentino.

CURSE OF THE LEGIONS OF DEATH! CURSE OF THE LEGIONS OF DEATH! PROVOKE THE DEAD! CURSE OF THE LEGIONS OF DEATH! è invece il frastornante ritornello che spezza il delirante canto di gioia ("Attacking with force as we show no remorse / Obstructing our victims fate the blood in the chalice / Saluting the fight all virgins must die this night... e via dicendo), trasportato dai venti di guerra di accordi giganteschi che puzzano di morte, veloci come il fulmine, nessun assolo e tanta tanta violenza sonora. Bello.

First Strike Is Deadly (la quale 18 anni dopo ispirerà il titolo al best of "First Strike Still Deadly" in cui ricompare tra l'altro Alex Skolnik, defilatosi per problemi personali con la band nel lontano 1992, dopo l'album "The Ritual" -a mio parere un po' una monnezza) è uno dei pezzi migliori dell'intero lavoro, con una ritmica portante dalla potenza ineguagliata fino a quel momento. Qua non si parla solo di velocità ma di vero e proprio spessore sonoro. All'epoca era in corso una grande sfida (certo teorica, ma nemmeno poi tanto), la gara a chi ce l'ha più grosso o più duro, al solito... insomma, se i Metallica trovarono i loro rivali (musicali) negli Anthrax, gli Slayer ebbero i Testament, anche se poi questi ultimi si raffinarono parecchio, nonostante l'ignoranza sia sempre rimasta dalla loro. Gli Slayer invece sono sempre i soliti ignoranti cafoni totali e credo di preferirli ai TestAmenT proprio per questo motivo, guardaunpo'. Ari-insomma (sto ancora scrivendo di First Strike... cheppalle), non c'è niente di diverso dai pezzi precedenti ma è la struttura della canzone a farmi drizzare le antenne: complicata, spezzata, rabbiosa e davvero bella da ascoltare! Nessun dubbio che potesse poi diventare uno dei punti di forza della band in sede live.

Do Or Die non è francamente molto degna di nota, a parte la solita struttura ritmica schiacciasassi a velocità smodata; il testo non è che sia proprio una genialata (ok vabbene, anche gli altri fanno un po' ridere), ma aspetta di sentire la successiva

Alone In The Dark... Madonna che pezzo!! Eccola, la rappresentativa dell'album: un assolo svelto, breve e melodico in pieno stile scuola europea introduce un giro di chitarre molto semplice ma efficace; il testo è grandioso (la prima strofa "When I was but very young sorcerers came to claim my mind leaving death and hatred to unmask / The master of the game had won and let his final sin be known killing those who stand in his path" dice davvero tutto: paura del buio, dei demoni, dell'inferno e scemenze del genere, che però in età giovanile, da ragazzini, fanno parecchio effetto!). La parte conclusiva ci porta un solo definitivo, spettacolare, per poi tornare alla carica per terminare in bellezza, all'inferno!

Apocaliptic City è il sogno di un pazzo piromane che dà fuoco a tutta la città e poi a tutto il mondo, inneggiando alle fiamme purificatrici ("Born into a world of hatred nothing to live for / What started with a simple match turned into something more / The pain I felt inside my head came on my day of birth / Now the time has come for me to burn the planet Earth"). Semplicemente folle e geniale. Sulla musica non mi dilungo più di tanto perché tanto il pezzo migliore del disco lo abbiamo già passato; dico solo che si termina in un olocausto sonoro fantastico. Adièu, cari amici non-metallari... e un consiglio: cercate di non imbattervi mai in questo disco, potreste non uscirne più.

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