giovedì 3 agosto 2006

SONO SOLO UNA COMPARSA SU CUI NON VEGLIA NESSUN DIO

Derek Raymond, al secolo Robin William Arthur Cook, venuto su tra il college di Eton e il castello di famiglia del Kent, si è sottratto prestissimo all'educazione borghese impartitagli forzatamente dai genitori, diventando invece un giramondo instancabile, lavoratore nei più disparati mestieri tra cui il trafficante di auto in Spagna, insegnante a New York e riciclatore di materiale pornografico in Italia e Francia. Più famoso per le sue opere, si capisce.

Questo a lato, Come Vivono I Morti, è il terzo capitolo della saga in cinque puntate sulla Factory londinese, in cui un sergente della A14, sezione Delitti Irrisolti, indaga su casi terrificanti con personaggi dall'anima di ghiaccio, intrisa di sangue e violenza.

In questo specifico capitolo, Derek Raymond racconta in chiave metafisica un noir poliziesco che è più una interrogazione sulla vita, su dove sta andando il mondo, su come vivono i morti (i diseredati, i poveri, i barboni, i miserabili e le vittime di violenze quotidiane, le persone che non accettano la propria vita e via dicendo) e su come il sergente della A14 percepisce il mondo attorno a sè. E' scritto in modo fantastico, profonde le sue descrizioni, commovente anche quando racconta di "angoli sbagliati dell'inverno" in cui case ammucchiate e fatiscenti fanno da teatro alla vita di famiglie devastate dal dolore, dalle cui grondaie cola "pioggia densa come lacrime di una vedova e la neve sporca infradicia il piazzale". E' un libro che resta dentro e colpisce a fondo, perché Raymond sa andare più a fondo di tutti. Un romanzo spietato, aspro, lucido sulla realtà violenta e nera di oggi da cui sgorgano momenti di splendida poesia narrativa, incorniciata dall'esperienza di vita dell'autore, delle cose che ha fatto, vissuto, visto, amato. Lui, il sergente, solo una comparsa per cui non veglia alcun dio, si chiede come si può sopportare il fatto che non si può avere giustizia per i derelitti della società fino a quando non sono morti. Si chiede cosa ce ne faremmo della giustizia e della logica senza la pietà umana. Si chiede se non ci sia omicidio peggiore che trovare in un androne il cadavere di qualcuno morto di freddo.
200 e passa pagine da cui io sono uscito svuotato, perso, ma rinnovato e amante della vita ancora più di prima, come un naufrago che lo può raccontare. E con un senso acuto di qualcosa che mi manca.

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