venerdì 28 agosto 2009

MTB SULL'APPENNINO TOSCO-ROMAGNOLO parte 2/2

Seconda e ultima puntata della pedalata più lunga del secolo! (volevo dire settimana... )
La mattina si parte di buon'ora, tipo alle 9.30.
Prima tappa OBBLIGATA, il forno di Premilcuore dove vendono una schiacciata con le olive equiparabile a quella di Recco (GE), solo che, siccome qua non siamo in Liguria e la gente non è notoriamente TIRCHIA, la focaccia è gigantesca, fresca, morbida, buona e poco costosa. Ma soprattutto quasi non arriva a fine mattinata perché ne sgancio dei morsi anche mentre pedalo!
Si va, di nuovo (ecchettelodicoaffare... ) in salita. Stavolta però, anche se malmessa, la strada è asfaltata e si sale tranquilli. Io però, complici le cipolle di contorno alla carne della sera prima (e un po' anche il vino molto buono) mi sento le gambe pesanti, lente. Cerco di tenere botta e alla fine mi sudo tutto in mezz'ora e torno fresco freschissimo.
Superiamo un altro ciclista che sale tranquillo, ci saluta cordialmente e proseguiamo per la nostra strada. Dopo poco si unirà a noi alla prima sosta.
Biker aggiunto
Lo sterratone che ha sostituito l'asfalto è largo e poco impegnativo e, a parte qualche grosso masso che si trova in mezzo alla strada perché venuto giù ruzzolante dalle montagne sopra le nostre teste. Terreno friabile, bianco con venature rossastre e spaccature orizzontali che segnano lo scorrere delle ere geologiche, ma anche più semplicemente gli scavi delle ruspe che estraggono ghiaia, massi e costruiscono strade.

Rocce pericolose
I cartelli indicano due direzioni: percorso MTB13 in circuito chiuso da Premilcuore, Poggio Cavallaro, Premilcuore e sentiero parte del E1 (in rosso e bianco) verso Monte Gemelli (1h40m)

Indicazioni
Ovviamente, masochisti dentro ma non ce ne pentiremo (il posto è fantastico), si va verso il monte. Si pedala per saliscendi divertenti in uno sterrato coperto di foglie secche dentro un faggeto-castagneto ombreggiato e fresco, permeato di odore di terra umida che ricorda tanto le uscite mattiniere di quando si va a cercar funghi. Le curve sono facili, piuttosto veloci e le bici restano stabili, si fanno quattro chiacchiere e si va in scioltezza. Ma c'è un motivo, c'è sempre qualcosa dietro.
Verso l'acqua!!
Infatti dopo un po' mi ricordo del posto... siamo nel bosco della Fonte del Paradiso, quella dove s'eran riempite le borracce e quindi, subito dopo, ci saremmo ritrovati al primo punto di sosta dove c'era il signore toscano, alla Colla del Bucine a circa 1040 metri d'altitudine.
Alla Fonte Del Paradiso

Facciamo l'acqua e salutiamo il nostro compagno di avventura a tempo determinato: lui prenderà in discesa (mica scemo!) lo sterratone di 8km che da Colla del Bucine porta a San Benedetto in Alpe (quello che noi disgraziati avevamo fatto in salita con 35° alle 2 del pm, tanto per capirci)
Noi proseguiamo nel bosco sulla single track indicata come Sentiero 00 del percorso E1 Rosso-Bianco. Divertentissima di nuovo, alla fine della quale si apre una bella vista sulla valle e noi ci fermiamo e veniamo raggiunti da Stefano, si apre il primo casello Telepass... volevo dire cancello per vacche!
Telepass Premium
Si rifà il discesone verso i 3 Faggi ma, dopo poche centinaia di metri, anziché proseguire verso valle e verso il bivio per Monte Falco, dopo la barra si prende per il Sentiero 00 (pedonale, per trekking), stretto, insidioso, impegnativo e tecnico, ma molto divertente.

Dopo qualche centinaio di metri, si vede una panchina in legno, una staccionata: ovviamente mi fermo.
Strabilio degli occhi!

Qualcuno penserà (anche noi in quel momento e poco prima dell'apertura): ma perché infilarsi in strade così rischiose e impegnative?" Perché di qua si arriva al Passo del Muraglione, dove almeno una volta nella vita un appassionato delle due ruote, a pedali o a motore, deve andre assolutamente. Un po' alla maniera dei Giapponesi, che non si possono dire tali se almeno una volta nella loro vita non hanno scalato il Fujiyama. C'è chi ci resta secco, in Giappone, per dimostrare il proprio valore degno del Regno del Sol Levante!
Insomma alla fine si riprende il pedale e si arriva, dopo discese davvero veloci, al Passo del Muraglione! Sosta pranzo: focaccia e birra media alla spina per me!
da dove siamo scesi e cartelli

pausa al bar e vista

Dal Muraglione si riparte, poche centinaia di metri di asfalto lasciandoci il ristorante sulla destra (quello della foto con la Triumph Speed Triple gialla oro in primo piano) e si prende il primo svincolo a destra, che ci avrebbe portato nella vera Terra Di Mezzo di oggi: la Valle dell'Acquacheta.
Dante.... chi?
Manco a dirlo, ci mancava la caduta, oltre la foratura. La vendetta dell'uomo dei boschi, aka PASTORE DI VACCHE SCHIFOSO!!! mi ha perseguitato per averlo preso per il culo alle spalle e facendogli fuggire via il bestiame il giorno prima...
Insomma, curva a destra, discesa ripida, sasso che in quel momento decide di spostarsi da sotto la ruota anteriore e io volo lungo per terra: braccio e ginocchio sbucciati. Niente di che, la bici è a posto, mi strofino la ferita e riparto un po' più tranquillo...
La curva del volo e guado a cannone!

Dopo qualche guado del torrente, e una apertura meravigliosa sul Prato dei Romiti, si giunge, dopo una faticosa discesa dove stavo per rovinarmi di nuovo, si arriva all'Acquacheta, una bella pozza d'acqua blu con cascata. Inimmaginabile la magia di quel posto.

Prato dei Romiti

Tutti in rispettoso silenzio, nessuno che si avvicina all'acqua... arrivo io e rovino la magia, tuffandomi praticamente vestito nell'acqua (gelida, più di ieri) e scatenando un po' di curiosità nel placibo pubblico a bordo "piscina"...

L'Acquacheta... e la quiete rovinata!
Dopo la refrigerata si parte quasi subito, io ancora zuppo (così sto fresco!) per il sentiero che ci avrebbe portati a San Benedetto in Alpe, dopo poco ribattezzato Stra Maledetto In Alpe perché stavolta il sentiero è un continuo sali e scendi dalla sella, andare a piedi con il ferro sulle spalle, frenare di colpo, evitare i trekkisti, salutare gente che ci piglia per il culo con la mano...

Sentiero 00 verso S.B. in Alpe

Ma ci divertiamo lo stesso, e io (ancora sta maledizione che finirà prima o poi) rompo il sacchetto degli attrezzi sotto la sella, perdendone alcuni che rimarrando ad imperitura memoria nei boschi casentinesi...
Alla fine del viaggio, ci voleva proprio! Amici incontrati la prima volta il giorno prima, ma come se li conoscessi da sempre. Un giro bellissimo, che mi ha riportato al vero valore della vita, selvaggia e ancestrale, in tempi in cui la nostra natura primigenia ci vedeva uomini dei boschi, cacciatori del necessario per nutrirsi e ripararsi dal freddo, e contemplare spazi immensi in cui noi, altri piccoli abitanti delle foreste, utilizzavamo solo piccole aree dalle quali si usciva occasionalmente per la raccolta o la ricerca del cibo.

Ho perso così tanto tempo nella città che quasi non ricordavo più chi sono.

WITCHCULT IN ITALY

Nessuno che si dichiari amante del doom e del dark rock con influenze sabbatiane può permettersi di non avere neanche un disco degli Electric Wizard. Pentitevi e punitevi se non siete già in coda alla cassa di un negozio di dischi metal o se su CD Universe non avete già speso un patrimonio per accaparrarvi le decine di collaborazioni, EP, LP, (ovviamente vinili) che hanno registrato.

A parte il fatto che sono una delle band più fighe in assoluto nel campo del doom, ed una delle più anziane, hanno anche una delle chitarriste più belle e affascinanti che il mondo della musica ricordi. Chi non la pensa così è frocio.

Comunque

ELECTRIC WIZARD @ UNWOUND CLUB - Padova
4 Settembre alle 20.00

Stavolta chi non viene è frocio sul serio e lo faremo impalare da croci rovesciate. Esecutore della tortura non sarà neanche Liz Buckingham, ma Jus Oborn
Un po' di foto e un video per farvi battere in testa dalla gayna




martedì 25 agosto 2009

IL TEATRO DEGLI ORRORI

c/IL TEATRO DEGLI ORRORI
@Circolo Magnolia - Circonvallazione Idroscalo, 41 - Linate (MI)
con un sacco di altri gruppi ma vado lì per loro e per la gayna sulle spalle dei giganti
Chi c'è bene, chi non c'è si deve pentire e punire

lunedì 24 agosto 2009

MTB SULL'APPENNINO TOSCO-ROMAGNOLO

Era da tempo che non mi capitava un giro così.
Siamo partiti da San Benedetto In Alpe, ultimo paese sulla "frontiera" Romagnola e Toscana, a circa 300 metri di quota.
Una strada in salita, che parte su-bi-to, e mica una breve piana con cui scaldarsi o rendere le gambe un po' agili per affrontare il dislivello, macchè! Quando poi sotto un sole che picchia come un martello ti investono 35° di riverbero di luce bianca dal basso di quella strada sterrata e sassosa insomma... non è che sia stato divertentissimo, ma fa parte del gioco. Su una lunghezza di 8km, la salita va per quasi 800 metri: una pendenza media di circa il 10%, al termine della quale si giunge alla prima sosta, dopo un'ora e mezza di pedalata.









Un toscano molto gentile ci spiega alcuni punti interessanti da cui prendere sentieri più o meno impegnativi, alcuni "da fare rigorosamente a piedi!". Ovviamente non ci pensiamo manco per il cazzo (di farli a piedi... siamo in bici che diamine!! E questo è quello che si penserà per la prossima ora, almeno)

Prima però prendiamo la strada che, dalla foto di centro, parte verso sinistra: si cerca dell'acqua -ormai alle ultime gocce- alla Fonte del Paradiso. Un sentiero carrabile (dai trattori o da jeep preparate) ci porta in mezzo ad uno splendido bosco di faggi e castagni in cui, scendendo a piedi per circa 20 metri, si arriva ad una fontanella tra le rocce. Acqua fredda e ferrosa, tipico liquido potabile di montagna!
Fatta l'acqua, cioè svuotate le vesciche e riempite le borracce, si riparte in direzione inversa per riprendere il sentiero che ci avrebbe portato ai 3 Faggi. Una single track molto tecnica, impegnativa e, ovviamente, in salita. Ci preoccupa meno il fatto che ormai il sole è un ricordo, anche se vicino: siamo infatti immersi nell'ombra del bosco e ci saranno almeno 7-8 gradi di differenza e l'aria fresca ci fa salire con buona lena. Da dietro sento che i due mi rincorrono chiedendosi come fa un tizio di città ad arrampicarsi come una capra di montagna su per quelle salite strette, ripide, piene di radici che sbucano ovunque e sassi che vengono giù come se li lanciasse qualcuno apposta per darti fastidio. Il fatto è che questi sono i miei percorsi ideali, adoro
le salite, soprattutto se difficili e che mettono in crisi le gambe e la tecnica di guida.








Alla fine della salitaccia ci aspetta un cancello di legno e filo spinato che costringe alla sosta; sarà il primo di una lunga, ma non troppo, serie di passaggi a livello. Verranno poi ricordati come un segno di misericordia dagli dei dei boschi (altrimenti conosciuti come pastori di vacche) i quali delimitando i pascoli, danno un sollievo alle gambe dei ciclisti sciamannati come noi.
La discesa è divertente, poco impegnativa e rapida. Si superano i 40 orari, che in fuoristrata sono più o meno paragonabili ai 70 all'ora di una bici da strada. Sassi, pietre e pezzi di rami sbattono con violenza contro il telaio e le ruote.












Un'altra breve sosta per bere, far due foto e gestire la stanchezza delle gambe e la fame selvaggia che ormai fa vedere doppio: sono circa le 5 del pomeriggio ed è dall'una e mezza che si pedala e non si mangia (almeno io) niente dalla mattina...
Si riparte e si cominicia a fare un discesone interessante che sarebbe stato divertentissimo se non fosse stato per delle vacche al pascolo che un VERO uomo dei boschi gestiva con una tranquillità disarmante.










Forse però era troppo tranquillo perché al nostro arrivo le vacche hanno iniziato a correre; lui, con atletico gesto, e mente ci dice di superarle e poi fermarle, si impiglia i coglioni nel filo spinato che cerca di superare e ci dice che le avrebbe portate nel prato che voleva raggiungere. Il problema è che le vacche saran state 'na decina. Con tanto di vitelli al seguito, quindi per noi impossibile da superare per i seguenti motivi:

1. erano delle vacche gigantesche.
2. avevano delle corna gigantesche
3. c'erano i vitelli. L'istinto di sopravvivenza e conservazione della specie trasforma delle stupide vacche in tori selvaggi da combattimento.
4. le ultime da superare, cioè le prime della fila, erano DAVVERO lontane.
5. correvano tutte come delle vacche impaurite e noi in bici faticavamo a stargli dietro, in discesa.
6. si agitavano troppo.

Per farla breve, arriviamo ad un trattore (che era probabilmente del vaccaro), lo superiamo, ce ne dimentichiamo e continuiamo a portargli le vacche verso valle. Lui dietro a bestemmiare e infamarci. Ad un cero punto decidiamo che forse è meglio far decidere alle vacche dove fermarsi e, incredibile a dirsi, si fermano alla stalla, a casa loro. Cioè dove NON voleva portarle il pastore, perché mi pare di aver capito che lui le volesse fare ancora pascolare. Insomma, giornata rovinata per il pastore, latte rovinato delle vacche per lo spavento e la corsa, discesa rovinata per noi che volevamo mollare i freni...

Ma alla fine si riprende velocità e si raggiunge un bel sentiero dove mollare davvero i freni. Ovviamente la maledizione del pasore di vacche ci ha colpito e, altrettanto ovviamente, come quasi sempre per ogni mia uscita in fuoristrada, buco. Ma non buco e basta: spacco del tutto la valvola della camera d'aria. Ecco fatto. Discesa di nuovo rovinata. Ma uno dei nostri ha la soluzione al male: mi dà una camera di riserva, perché i miei kit di riparazione non servono a un cazzo, adesso.

Però ora avevo anche paura che ci corresse dietro col trattore, ci raggiungesse e incurante ci passasse sopra lasciandoci lì nel bosco. Tanto alla fine su quelle strade chi ti trova più?! Per lui non sarebbe nemmeno una seccatura...

Si riparte dopo una mezz'ora. si arriva in brevissimo tempo alla strada asfaltata, breve tratto in cui posso essere certo che la botta pazzesca al cerchio posteriore che mi ha distrutto la camera d'aria non ha rovinato il cerchio in modo grave, forse è solo un po' ovalizzato ma non dà eccessivo fastidio: si sistemerà. Insomma, in pochi km si giunge ad una cascata sotto un ponte di pietra, dietro un rifugio, una casa di pietra antica bella come i posti che abbiamo visto finora.










Si decide di fare un bagno, nella vasca di pietra piena d'acqua fredda di sorgente di montagna che si vede al disotto del ponte di pietra. Una roba geniale e rigenerante.









Un geniale tipo di Forlì ci dà suggerimenti di dove andare il giorno dopo e dei sentieri da prendere, ci diffida dai corridori (ci mancherebbe!) e ci dice anche che all'agriturismo dove si sta andando si mangia molto bene e si spende il giusto. Scopriremo il giorno dopo che da quelle parti il giusto è un decimo di quanto potresti spendere per una cena da pezzente medio in una grande città (qualcuno ha detto Milano?).
Poi ci si asciuga e si va verso l'agriturismo: una grossa e vecchia casa di pietra dove una signora che secondo me sulle spalle ha più canne che anni, ci dice che lì non c'è posto (avevamo prenotato!) e che quindi dormiamo in paese, a Premilcuore. Ma a noi va benissimo, a patto che ci faccia mangiare subito appena possibile. Siamo distrutti, io sto in piedi per scommessa e gli altri due non sono da meno. Io e Maurizio optiamo per un bicchiere di vino che fa rinascere (doping? se a Pantani avessero fatto bere vino, prima e dopo le corse, ora forse non si parlerebbe di lui in modo offensivo).
A cena ci si spazzola due fiamminghe di tagliatelle al ragù, una fiamminga di grigliata mista abbastanza grande da soddisfare tutti e tre, una bottiglia e mezza di vino, dolce, caffè, ammazza caffè. Poi si esce. Birra. Gran vita in un paese mondano e notturno, che conta un numero impressionante di persone, almeno 50. Il sonno però chiede vendetta, e le gambe non tengono più. Si va a letto, convinti che il giorno dopo non saremmo andati molto lontano: la meta è il Passo del Muraglione e la Valle dell'Acquacheta. Mica uno scherzo arrivarci.

Per ora posso concludere che ho visto posti emozionanti, aperture su valli fermate nel tempo e boschi verdissimi e fitti, dove all'interno quasi non riusciva a filtrare la luce del sole.

La seconda puntata quando posso scrivere di nuovo.

martedì 18 agosto 2009

FERRAGOSTO DEL SANGRE (volevo dire del Mètal)

Mi ci sono ritrovato quasi per caso. D'obbligo il "quasi", perché quando il Capitén si trova nei dintorni del Mètal alla fine non è mai un caso.

In un locale pezzente di Cervia (Rock Planet), dove neanche un minimo di areazione delle sale, un'aria condizionata o uno schifosissimo ventilatore che smuovesse l'aria, mi ha svuotato di ogni liquido corporeo utile alla sopravvivenza, ha suonato uno dei gruppi per il quale e a causa del quale, molti dei miei coetanei sono messi come il culo: sfondàti.

Brujeria non è solo una band di grindcore metal delle più geniali e potenti, e che fa ammazzare dal ridere, ma anche un supergruppo in cui trovi musicisti storici della sezione più chiassosa del metal passato e odierno. Come Dino Cazares dei Fear Factory, uno dei fondatori.



L'attuale formazione era sicuramente una delle migliori che potevamo pizzicare in flagranza di reato, oggi.



Infatti


Juan Brujo (John Lepe) - Voce
Fantasma (Pat Hoed) - Voce
El Cynico (Jeff Walker) - Basso
El Hongo (Shane Embury) - Chitarra
El Podrido (Adrian Erlandsson) - Batteria


E il sempre presente Machete (nel senso del coltellaccio).



A voi i video e scassatevi di risate.


File under tua madre





File under marchando

File under narcos